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Interessi passivi relativi ad immobili patrimonio

a cura di Alessandro Borghese

Società immobiliare di gestione  Unione Giovani Dottori Commercialisti Pisa

 

 

  Gli immobili patrimonio:



Vengono definiti immobili patrimonio gli immobili non riconducibili alle categorie degli immobili strumentali e di quelli alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa. Si tratta, dunque, di terreni e fabbricati abitativi acquistati dalle imprese a titolo di investimento e non per essere utilizzati quali beni strumentali per l'attività.
Ai sensi dell'art. 90, co. 1, TUIR, gli immobili patrimonio non concorrono alla formazione del reddito sulla base dei costi e dei ricavi ad essi afferenti ma nell'ammontare determinato secondo le regole proprie dei redditi fondiari. Per quanto riguarda, invece, il trattamento fiscale delle plusvalenze e delle minusvalenze derivanti dalla loro cessione, valgono le regole già illustrate con riferimento alle cessioni degli immobili strumentali, alle quali si rinvia.

Gli immobili patrimonio situati in Italia, di proprietà delle imprese, concorrono alla formazione del reddito imponibile nell'ammontare determinato secondo le disposizioni del capo II del titolo I del TUIR e cioè secondo le regole proprie dei redditi fondiari.

Pertanto, in via generale, il reddito imponibile derivante dai suddetti immobili è pari al maggiore tra la rendita catastale rivalutata del 5% e il canone di locazione ridotto, fino ad un massimo del 15%, delle spese documentate di manutenzione ordinaria. Al riguardo, si rileva che per effetto delle modifiche apportate dall'art. 7, co. 1, lett. a), D.L. 203/2005, per gli immobili patrimonio locati dalle imprese si è passati da una deduzione forfetaria del 15% ad una deduzione analitica vincolata ad un plafond del 15% del canone di locazione.

Con riferimento alle suddette spese di manutenzione ordinaria, si tratta di quelle documentate, sostenute ed effettivamente rimaste a carico per la realizzazione degli interventi di cui alla lett. a), co. 1, art. 3, D.P.R. 380/2001, e cioè degli interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti.

Non possono essere portati in riduzione del canone di locazione, invece, gli importi delle spese sostenute per interventi edilizi non riconducibili alla lett. a), co. 1, art. 3, D.P.R. 380/2001, quali ad esempio gli interventi di manutenzione straordinaria, di restauro e risanamento conservativo, di ristrutturazione edilizia (circolare dell'Agenzia delle Entrate 13/03/2006, n. 10).

La principale conseguenza della determinazione del reddito degli immobili patrimonio secondo le regole dei redditi fondiari consiste nell'impossibilità di dedurre dal reddito d'impresa la gran parte dei costi relativi agli stessi immobili.

L'art. 90, co. 2, TUIR, prevede, infatti, che le spese e gli altri componenti negativi relativi ai suddetti immobili non sono ammessi in deduzione.
Al riguardo, l'Agenzia delle Entrate con la Circolare 13/02/2006, n. 6 (§ 7.5), ha chiarito che tale disposizione ha carattere speciale e derogatorio rispetto al principio generale di inerenza dei componenti negativi di reddito; tale norma contiene, infatti, un divieto assoluto di deducibilità di tutti i componenti negativi relativi agli immobili, compresi anche gli interessi passivi ad essi relativi, sia di funzionamento, sia di finanziamento.

Va detto, tuttavia, che per le imprese di gestione immobiliare non risulta agevole distinguere i costi relativi agli immobili, che devono essere considerati indeducibili, da quelli che non hanno un nesso diretto con i beni patrimoniali dell'impresa e che, pertanto, seguono i principi generali di deducibilità.

A tal fine, si può fare riferimento alle conclusioni cui è giunta l'Associazione Dottori Commercialisti (di seguito ADC) di Milano con la norma di comportamento n. 156, nella quale si legge che per le spese diverse da quelle di riparazione e manutenzione occorre verificare analiticamente per ogni tipologia di spesa la sussistenza del nesso richiesto dall'art. 90, co. 2, TUIR.

In particolare, secondo l'ADC di Milano le spese societarie sono integralmente deducibili, in quanto non sussiste alcuna correlazione fra tale categoria di spese ed i beni immobili, poiché esse sono riferite alla struttura aziendale e non ad una particolare attività dell'impresa o alla tipologia dei beni patrimoniali dalla stessa gestiti.

In particolare, nella norma di comportamento viene precisato che tali spese annoverano, ad esempio:
 
  • le spese per la tenuta della contabilità;
  • le spese per il deposito del bilancio e per gli altri adempimenti societari;
  • le spese per la consulenza societaria e fiscale e per l'espletamento delle relative formalità;
  • gli emolumenti per l'organo di controllo, ove esistente;
  • le indennità di carica per l'organo amministrativo, con esclusione dello specifico compenso per la gestione degli immobili eventualmente delegata a taluno degli amministratori.
Per quanto riguarda, invece, le spese del personale, la norma di comportamento giunge alle seguenti conclusioni:
 
  • le spese per il personale addetto ai servizi di custodia o di portineria, alla manutenzione degli edifici o dedicato all'amministrazione e gestione degli stabili, in quanto legate alla corrente redditività dell'immobile, sono indeducibili;
  • le spese per il personale addetto alla contabilità, non essendo quest'ultima specificamente relativa ai beni immobili, sono integralmente deducibili.